Le sàmare dell’olmo, i frutti alati

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Circa dieci anni fa, in un’area dietro casa nostra, abbiamo deciso di mettere a dimora alcuni alberi. Erano veramente piccoli e indifesi e vedere oggi questo boschetto verde che cresce anno dopo anno ci riempie di gioia e di entusiasmo. Tra le specie sono presenti anche alcuni olmi campestri, alberi che possono vivere centinaia di anni.

L’olmo in passato era una pianta molto diffusa nella Pianura Padana, ricercato per il suo legno resistente e spesso utilizzato per “maritare” i vitigni, ovvero sfruttandolo come supporto vivo per sostenere la vite (tecnica sicuramente più affascinante degli odierni tutori in cemento…)

Purtroppo negli ultimi decenni è stato decimato da una malattia fungina, la grafiosi, che ha colpito soprattutto le piante più vecchie.

La sua imponenza e serietà profumano di saggezza e i frutti, chiamati Samare e che nascono tra febbraio e marzo, sono molto particolari: da distante infatti li puoi confondere con le foglie (che invece arriveranno solo successivamente), se ti avvicini li scopri simili a delle lanterne cinesi, come se sull’albero si fosse posato uno stormo di farfalle verdi e leggere, pronte a volare e a portare lontano il loro seme carico di promesse di vita.

Le samare dell’olmo possono essere foraggio per gli animali, ma sono commestibili anche per noi, tanto da essere appellate come Pane del Maggiolino! Se raccolte ancora immature, dal verde tenero, si usano mescolate con le insalate, nelle misticanze primaverili, oppure anche ripassate in padella, come condimento per frittate e primi piatti.

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